Viterbo è un'antica città di sessantasettemila 595 abitanti, capoluogo della provincia nota come Tuscia o Alto Lazio. Ha antiche origini (si ritiene che Viterbo derivi dal latino Vetus Urbs, cioè Città Vecchia) e ha il più vasto centro storico medievale d’Europa, cinto da mura e circondato da quartieri moderni, tranne che ad ovest, dove si estendono zone archeologiche e termali (necropoli di Castel d'Asso, sorgente del Bullicame). Viterbo è famosa come la Città dei Papi poiché nel tredicesimo secolo fu sede pontificia e per circa 24 anni il Palazzo Papale ospitò diversi papi. Papa Alessandro quarto decise nel 1257 il trasferimento della Curia Papale nella città a causa del clima ostile di Roma; il soggiorno papale durò, salvo brevi interruzioni, fino a quando papa Martino quarto, appena eletto (22 febbraio 1281), allontanò definitivamente la corte pontificia da Viterbo. La città sorge a 326 metri sul livello del mare, con una superficie di 406,23 km², all’interno di un ampio falsopiano, situato sulle prime pendici settentrionali del Monte Palanzana (che i viterbesi chiamano La Palanzana). La città è attraversata per tutta la sua lunghezza, dal Fosso Urcionio, che oggi scorre quasi completamente nel sottosuolo. Si hanno tracce d'insediamenti neolitici ed eneolitici e di presenze etrusche nella lontana storia di Viterbo, ma alcuni storici ritengono che nel periodo etrusco l'insediamento non raggiungesse lo stato di vicus, mentre le fantasiose teorie quattrocentesche dell'erudito frate Annio (autore del monumentale falso storico noto come Antiquitatum Variarum) hanno addirittura supposto che vi fosse in loco una tetrapoli etrusca, sulla base dalla sigla FAVL che sarebbe un acronimo formato dalle iniziali di quattro cittadine (Fanum, Arbanum, Vetulonia, Longula). Più plausibile appare l'identificazione di Viterbo con la città etrusca Surina. Dopo la conquista romana vi fu costituito, con ogni probabilità, un insediamento militare, chiamato Castrum Herculis per la presenza nella zona di un tempio che si riteneva dedicato all'eroe mitologico (il leone simbolo di Viterbo deriva da questo aneddoto). Notizie più certe si hanno con la cittadina dell'Alto medioevo, che trae origine da un "castrum", cioè una fortificazione longobarda posta al confine tra i possedimenti longobardi nella Tuscia e il ducato bizantino di Roma: il colle di San Lorenzo, ricordato nella donazione di Sutri tra le proprietà che Liutprando promette alla Chiesa nel 729, fu fortificato nel 773 da Desiderio, nell'ultimo periodo della sua contesa con Carlo Magno. Un documento papale dell’anno 852 riconosce il Castrum Viterbii come parte delle terre di San Pietro, mentre Ottone I annovera il castello tra i possedimenti della Chiesa. Nell'undicesimo secolo l'incremento demografico contribuì alla nascita di nuclei abitativi fuori dal castrum, e, attorno al 1090, a un primo tratto di mura; nel 1099 la scelta dei primi consoli sancì il passaggio a istituzioni comunali. Nel dodicesimo secolo Viterbo, libero comune, si assicurò il possesso di numerosi castelli: la protezione di Federico I Barbarossa (presente nella città nel 1162), e il suo riconoscimento del comune viterbese, conferì legittimità alla sua politica di espansione. Nel 1172 venne distrutta la città di Ferento il cui simbolo (una palma) fu aggiunto al leone, simbolo di Viterbo (l'emblema vigente è costituito appunto da un leone accollato a una palma); attorno al 1190 venne assediata Corneto (odierna Tarquinia), mentre l'imperatore attaccò Roma con l'esercito viterbese. Il districtus del comune aumentò considerevolmente in quegli anni. Ulteriore elemento che accrebbe il prestigio e l'importanza politica di Viterbo, fu la sua elevazione a cattedra vescovile nel 1192 ai danni di Tuscania, la cui precedente predominanza nella Tuscia romana venne così meno. All'inizio del tredicesimo secolo la città entrò nell’orbita papale iniziando un periodo di grande splendore, soprattutto con il disegno di papa Innocenzo terzo, che tentò di costituire uno stato territoriale: Viterbo nel 1207 ospitò il Parlamento degli stati della Chiesa. Tuttavia, per la presenza nella città di importanti famiglie insofferenti del predominio papale, venne invocata la protezione di Federico secondo: si aprì così, fino al 1250 circa, un periodo di lotte interne tra guelfi (la famiglia dei Gatti), e ghibellini (i Tignosi). In questo periodo di lotte civili e religiose visse Santa Rosa da Viterbo (1233-1251). La sua coraggiosa predicazione contro gli eretici e i ghibellini animò i viterbesi a resistere contro l'assalto dell'esercito di Federico secondo. Negli stessi anni la città vide le iniziative politiche e militari del cardinale Raniero Capocci, acerrimo nemico dell'imperatore. Il fallito assedio di Federico secondo nel 1243 con la grande vittoria dei viterbesi, guidati da Raniero Capocci, sull'esercito imperiale e il conseguente successo dei guelfi, sancì la definitiva politica filo-papale: la ricca famiglia dei Gatti monopolizzò le cariche municipali e i pontefici scelsero Viterbo come sede papale. L'episodio che attirò l’attenzione mondiale su Viterbo, fu l'elezione papale del 1268-1271, che portò Gregorio decimo al soglio pontificio. Da venti mesi i cardinali che dovevano eleggere il successore di Clemente quarto si riunivano inutilmente. Il popolo viterbese sdegnato da tanto indugio, sotto la guida del Capitano del popolo Raniero Gatti, giunse alla drastica decisione di chiudere a chiave i cardinali nella sala dell'elezione (clausi cum clave), nutrirli a pane e acqua, e scoperchiare il tetto lasciandoli esposti alle intemperie, finché non avessero eletto il nuovo Papa; alla fine i cardinali - pressati anche dalle continue rampogne di Bonaventura da Bagnoregio - scelsero il piacentino Tedaldo Visconti, arcidiacono di Liegi, che aveva ricevuto solo gli ordini minori e in quei giorni si trovava in Terra Santa per la nona crociata. Il nuovo papa prese il nome di Gregorio decimo, e, visti gli esiti della "clausura", stabilì con la costituzione apostolica Ubi Periculum che le future elezioni papali avvenissero in una sede chiusa a chiave: era nato il Conclave. Dal 1261 al 1281 in Viterbo si tennero ben cinque conclavi. Nell'ultimo di questi il popolo, sobillato da Carlo primo d'Angiò, irruppe nella sala del Conclave e mise al carcere duro il cardinale Matteo Rubeo Orsini, protodiacono. Il pontefice che uscì eletto da questo conclave, funestato dall'invasione del popolo viterbese, fu un francese, il cardinale Simon de Brion, proprio come voleva Carlo d'Angiò. Peraltro il nuovo papa, che scelse il nome pontificale di Martino quarto, appena eletto, anziché ringraziare i viterbesi che, mettendo in difficoltà i cardinali della famiglia Orsini, avevano favorito la sua elezione, lanciò sulla città di Viterbo un pesante interdetto e l'abbandonò in fretta e furia con tutta la corte pontificia, senza tornare a Roma, come molti auspicavano, ma recandosi a Orvieto. Si chiuse con questo episodio il periodo aureo di Viterbo. Durante la stabile presenza della curia papale a Viterbo, la città aveva raggiunto il suo massimo splendore, sia economico, quale centro posto lungo vie di comunicazione importanti, come la Via Cassia e la Francigena, che architettonico, con l'edificazione di edifici pubblici municipali, torri, chiese, nel fiorire sia dello stile romanico che dello stile gotico, che i cistercensi avevano inaugurato nel luogo con l'abbazia di San Martino al Cimino. L'esilio avignonese dei papi contribuì alla decadenza della città e al riaprirsi delle lotte interne. L'effimera ricostituzione del Patrimonio di San Pietro del cardinale Egidio Albornoz, non impedì ai nobili Gatti e ai prefetti di Vico di imporsi, con istituzioni ormai di tipo signorile, a Viterbo. A metà del Cinquecento la città conobbe un breve, periodo di fervore culturale e spirituale per la presenza del cardinale Reginald Pole, che riuniva a Viterbo il suo celebre circolo, di cui faceva parte, tra gli altri, la marchesa Vittoria Colonna e alle cui riunioni intervenne spesso Michelangelo. Dal tredicesimo al sedicesimo secolo, Viterbo fu di una comunità ebraica, fino al decreto di espulsione del 1569. Dalla fine del sedicesimo secolo la città seguì le sorti dello Stato della Chiesa. Occupata nel 1798 dalle truppe francesi del generale Championnet, intervenuto a difesa della Repubblica romana, si ribellò, imprigionando la guarnigione lasciatavi dai francesi, quando nel mese di novembre le truppe del generale austriaco Mack e del re di Napoli Ferdinando quarto di Borbone entrarono in Roma. Cacciate tuttavia queste poco dopo dallo Championnet, Viterbo fu attaccata dalle truppe del generale francese François Étienne Kellermann, al quale dovette arrendersi dopo che il medesimo aveva sconfitto nelle vicinanze i 6 000 uomini dell'émigré francese, Roger de Damas. Nel 1867, con la colonna garibaldina Acerbi, fu testimone della sfortunata campagna dell'Agro romano per la liberazione di Roma, conclusasi a Mentana il 3 novembre con la sconfitta di Garibaldi da parte delle truppe pontificie e francesi. La città dovette attendere il 12 settembre 1870 per essere di nuovo liberata dalle truppe italiane, questa volta quelle dell'esercito regolare in marcia verso Roma. Con l'unità d'Italia, aggregato quasi tutto il Lazio nella provincia di Roma, Viterbo perse la qualifica di capoluogo, che le fu restituita solo nel 1927 con il riordino delle circoscrizioni provinciali, attuato da Mussolini. Durante la seconda guerra mondiale la città fu occupata dopo l'8 settembre 1943 dalle truppe tedesche in movimento verso Roma. Durante l'occupazione fu sede di un comando tedesco e fu quindi sottoposta dall'aviazione alleata a ripetuti bombardamenti, di cui particolarmente pesante fu quello del 17 gennaio 1944, che portò alla morte di centinaia di civili ed alla distruzione di vaste zone del centro storico e di altri territori vicini.
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