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La storia
Il Palazzo Reale di Napoli fu costruito agli inizi del XVII secolo dal viceré spagnolo Fernando Ruiz de Castro, che affidò il progetto a Domenico Fontana. Il palazzo fu costruito nello stesso posto in cui insisteva un'altra residenza vicereale, voluta cinquanta anni prima dal viceré don Pedro de Toledo. La scelta di costruire la nuova reggia nella stessa zona in cui sorgeva la "vecchia", testimonia dunque l'importanza che aveva quella zona della città, che assicurava nello stesso tempo una certa vicinanza al porto della città ed una certa facilità di fuga in caso di invasioni nemiche. I lavori del palazzo andarono a rilento fino al 1610, quando subentrò al trono il viceré Pedro Fernández de Castro, anch'egli conte di Lemos. Al 1616 erano completate la facciata principale, su "largo di Palazzo", ed il cortile. Intorno al 1620, furono completati anche alcuni ambienti interni del palazzo, affrescati da Battistello Caracciolo, Giovanni Balducci e Belisario Corenzio, nonché fu ultimata la cappella reale dell'Assunta, nella quale lavorò ventiquattro anni dopo Antonio Picchiatti . Nel 1734, con Carlo di Borbone, il palazzo divenne dimora reale borbonica.Per tre secoli fu sede del potere monarchico: dei viceré, degli Asburgo, dei Borboni e, dopo l'Unità d'Italia dei Savoia. Era una delle quattro residenze dei i Borbone di Napoli durante il Regno delle Due Sicilie insieme alle regge di Capodimonte, di Caserta e di Portici. Il palazzo si affaccia sull'area monumentale di piazza del Plebiscito ed è circondato da altri imponenti edifici quali il palazzo Salerno, la basilica di san Francesco di Paola e il palazzo della Prefettura. I 169 metri della facciata sono tutti opera del Fontana, fatta eccezione per le arcate inferiori che nel Settecento, per dare maggiore stabilità all'edificio, furono chiuse dal Vanvitelli. Dal 1919 il palazzo ospita il Museo dell'Appartamento Storico e la Biblioteca Nazionale. Nel 1734, con Carlo di Borbone, il palazzo divenne dimora reale borbonica. Il nuovo re di Napoli, in occasione delle nozze con Maria Amalia di Sassonia avvenute nel 1738, fece rinnovare alcuni ambienti interni, chiamando al lavoro artisti come Francesco De Mura e Domenico Antonio Vaccaro. I lavori di ammodernamento iniziati in questi anni, furono poi ripresi più intensamente dal figlio Ferdinando, che nel 1768, in occasione delle nozze con Maria Carolina d'Austria, trasformò la gran sala del periodo vicereame, in teatrino di corte. Infine, durante la prima metà del Settecento, fu realizzata la parte verso il mare. Durante la seconda metà del XVIII secolo, fu edificato il cosiddetto "braccio nuovo", ovvero l'ala del palazzo che dà verso il Maschio Angioino, divenuta poi nel 1927 Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III. Durante gli anni 1806-
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